Giacomo Montanaro
Project
acidi e graffi su carta fotografica cm100x70cm
muffa su plexiglass nero cm100x70cm
acidi su carta fotografica cm60x120
acidi e graffi su carta fotografica cm100x70cm
Il progetto “ Parete Lavica” nasce da un reportage fotografico fatto dall’artista Giacomo Montanaro presso gli scavi di Ercolano e Pompei. Egli ha fotografato i calchi di corpi di uomini e animali, intervenendoci poi con la sua tecnica ovvero con gli acidi direttamente sulla foto. Questo progetto è divenuto una mostra personale fatta presso il MAV- Museo Archeologico Virtuale di Ercolano – Napoli, dove l’artista è riuscito ad unire pittura e fotografia con l’archeologia. Il tentativo è stato quello di unire presente e passato, attraverso il linguaggio contemporaneo.
PARETE LAVICA
MAV Museo Archeologico Virtuale Ercolano
acido su stampa fotografica cm127x220cm 2013
acido su stampa fotografica cm120x220cm 2013
acido su stampa fotografica cm200x120cm 2013
acido su stampa fotografica cm127x220cm 2013
OLIMPIADI DOMESTICHE
Pan Palazzo delle Arti di Napoli
Olimpiadi Domestiche è un reportage fotografico fatto di oggetti di uso domestico come la lampadina, il tappo, la lametta, la bottiglia. L’artista, intervenendo con la sua ormai nota tecnica “acido su carta fotografica”, crea, col suo inconfondibile tratto, figure di atleti che interagiscono con oggetti di uso comune. Si potranno ammirare, infatti, un lottatore di sumo che combatte con un cavatappi, una ballerina che danza su una lametta da barba, e così via. L’intento è di abbandonare ogni mendace conoscenza a priori del mondo delle forme, ogni pregiudizio, ogni sapere, per lasciarsi travolgere dall’ignoto, dal sogno, dal mistero seducente e meraviglioso dell’arte e della vita, al di là di apparenze e convezioni. Le immagini, inizialmente, sembrano obbedire a un formalismo convenzionale, privo di inflessioni. L’uso della macchina fotografica è come mezzo descrittivo per poi lasciarsi andare all’immaginazione, mantenendo sempre risoluzione formale. Le immagini scattate si piegano alla mercé dell’artista che usa i software come mani plasmanti la creta. Irrompe in un secondo momento con la pittura che continua l’opera del laboratorio di sviluppo, non lascia in pace l’emulsione che continuamente, caoticamente, perde strati superficiali a favore di figure e di colori. Rispetto ad altri lavori precedenti è oggi presente l’immagine fotografica, con la sua insita registrazione del dettaglio dell'esistenza quotidiana.
acidi e graffi su carta fotosensibile cm127x 230cm
acidi su carta fotosensibile cm50x70cm
acidi su carta fotosensibile cm120x140cm
acidi e graffi su carta fotosensibile cm127x 230cm
In the Middle of Nowhere
Galleria il ritrovo di Rob Shazar spazio E23 Napoli
Trascrivere il pensiero in una visione acida di Gloria Gradassi
Se l’indagine del corpo umano con i suoi dinamismi e i rapporti tra le figure, hanno costituito l’oggetto dell’indagine di Montanaro nei primi anni di “pittura acida”, oggi l’attenzione dell’artista si è spostata sull’ambiente urbano e la costruzione architettonica intesa come aggregato volumetrico. Questo spostamento ha avuto un suo doppio nell’evoluzione cromatica, che ha ora tutto un altro baricentro: il nuovo bianco del supporto si è sostituito al nero dei fondi e la pittura si è come invertita, dal negativo al positivo, il tocco non è più un graffito ma una velatura chiaroscurata, i colori, più contenuti danno corpo a volumi armonici, il dinamismo infine, non è nella ripetizione ma dentro la forma e nella pennellata Da qui in avanti le periferie divengono il soggetto principale di una pittura molto leggera e liquida. Montanaro in questi lavori recenti usa l’acido a volte con la delicatezza di un acquarello, discostandosi dai gesti elettrici dei suoi precedenti lavori.
Nella recentissima serie delle periferie qui presentate, alla quale appartiene il ciclo “In the middle of Nowhere”, si può infatti leggere la stessa gestualità delle prime opere di Giacomo Montanaro mista ad una scansione mentale che filtra il visibile in volumi aggregati.
Le periferie non sono descritte analiticamente, sono luoghi indefiniti, ma non i nonluoghi del dilagato globalismo; e il nulla in cui sono perse appare in realtà non tanto il confine del mondo quanto quello dell’anima: un bianco assoluto nel quale le forme possono apparire o scomparire, a seconda di come noi le guardiamo. In alcuni lavori in bianco e nero, l’essenzialità cromatica si presenta come un ultimo baluardo che rende più assoluto il gesto pittorico elaborando la sintesi di un percorso decennale; in ogni singola pennellata c’è tutto il senso di una pittura quasi scultorea, una pittura che quando si staglia sui fondi bianchi costruisce, trova un senso, seppur minimo nella vastità dell’indefinito. La pennellata di Montanaro è come un cuore che pulsa nell’inconoscibilità dell’essere, un respiro, a volte convulso, altre volte disteso, contenuto o appariscente, un modo forse di dire che l’arte non perde mai il suo potere d’incantamento.